Almeno nell’immediato, dalle ultime offerte si evince che i tassi da saldo proseguono e sono addirittura più bassi ora rispetto a quelli proposti in primavera. Oggi è possibile stipulare un tasso variabile, nelle migliori condizioni (quando il mutuo è inferiore alla metà del valore dell’immobile), allo 0,5%. I migliori fissi sono intorno all’1,4%.
La cosa sorprendente è che sui fissi è ancora nutrito il numero di banche che – nonostante Draghi abbia annunciato la fine del piano espansivo – applica spread tra lo 0 e lo 0,1%. Essendo lo spread il margine lordo che la banca si prefigge di ottenere dal mutuo ed essendo in molti casi prossimo allo 0 significa: 1) che molte banche considerano oggi il mutuo un prodotto ponte per attirare clienti a cui vendere successivamente prodotti più profittevoli; 2) che nel futuro le banche immaginano di acquistare il denaro all’ingrosso a tassi più bassi rispetto a quelli attuali e di trasformare la differenza di questa operazione di “tesoreria” in un utile da agganciare indirettamente al mutuo.

Comunque sia, vista dal lato dei mutuatari – tanto quelli che si apprestano a chiedere un nuovo finanziamento quanto quelli che giustamente valutano un cambio in corsa delle vecchie condizioni attraverso le modalità della rinegoziazione (con la stessa banca) o della surroga (con un’altra banca) – si tratta di ottime notizie. Perché se la fine del Qe può essere un segnale in apparenza restrittivo, ci sono altri fattori che allontanano il momento in cui i tassi torneranno a salire con forza e quindi a costituire una fonte di preoccupazione per la categoria dei debitori. A partire dalla politica monetaria.

Lo stato di quiete riguarda anche l’universo del tasso fisso, soluzione oggi preferita dalle banche nel momento in cui erogano o surrogano (perché sono consapevoli che a questi tassi così bassi non rischiano più di perdere in futuro il cliente attraverso surroghe di primo livello o la oggi molto gettonata “surroga della surroga”).

Tratto da “Il Sole24ore” –di Vito Lops 15 luglio 2018